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La ricerca di campioni
mineralogici e paleontologici in natura è forse
l'attività più nobile e soddisfacente per il geologo e
l'appassionato di mineralogia e paleontologia. Il ritrovamento di
splendidi campioni presuppone molta fortuna e costanza. Ma una
delle doti fondamentali del cercatore è senza dubbio
poi la dedizione e la pazienza nel preparare gli esemplari
rinvenuti. Chiunque si sia dedicato anche una sola volta alla
ricerca, ricorderà che a prima vista la maggior parte dei
ritrovamenti non appare estremamente interessante in
quanto i campioni sono spesso da pulire, sistemare o addirittura
completamente da far emergere da un contorno sterile.
Sono elencati di seguito alcuni metodi e le operazioni base che sono spesso protratte per mettere in risalto i campioni
raccolti.
Procedure più specialistiche e complesse sono altresì possibili ma
richiedono l'accesso ad apparecchiature di laboratorio costose e
quindi non facilmente utilizzabili.
Spezzatura:
e'
difficile che un campione ritrovato presenti le dimensioni più
appropriate.
Spesso i cristalli sono presenti solo su una porzione della piastra
oppure la matrice è eccessiva rispetto alle dimensioni dei
cristalli, di fatto rendendoli troppo "schiacciati".
A volte sarà possibile con mazzetta e scalpello isolare la porzione
del campione più appetibile. Altre volte si potrà spezzare il
campione sfruttando fratture o linee di debolezza preesistenti. Si
consiglia di procurarsi un incudine e un ceppo di legno
grande.
Infine ove ci si trovi di fronte a campioni fragili o ostici che
rischiano di rovinarsi con percussioni errate quali martellate
maldestre (spesso i cristalli schizzano via dai campioni se il colpo
di martello è dato in maniera non appropriata), l'unica soluzione
è di utilizzare uno strumento chiamato bilanciere: sfrutta il
principio che una roccia sottoposta ad una pressione crescente e
puntuale finisce con il spezzarsi nel punto in cui è stata
sottoposta la forza senza propagazione di onde d'urto. Si usa una
punta di acciaio che "a morsa" stringe e penetra il
campione fino a spezzarlo nel punto voluto (una sorta di cavatappi
gigante). L'operazione è piuttosto semplice e consente di evitare
rischi al campione che rimarrà intatto negli altri punti.
Lavaggio in acqua:
si tratta di una
operazione naturale e fondamentale. Agisce sia chimicamente sia
meccanicamente. Purtroppo non tutti minerali tollerano questo
trattamento (minerali idrosolubili) e quindi prima di intraprenderlo
sarebbe bene essere sicuri di non trovarsi di fronte a campioni che
rischiano di sciogliersi o perdere colore e lucentezza (si consiglia
nel dubbio di fare una prova con un frammento di scarto).
Aiutandosi con una spazzola ripulire il campione grossolanamente.
Poi immergerlo in una bacinella di acqua. Cambiare più volte
l'acqua e lasciare a mollo anche per 24 ore. L'utilizzo di acqua
distillata potrebbe rendersi necessario in particolari
circostanze ma in generale l'acqua del rubinetto è idonea nei casi
più grossolani (anche se
è bene tenere presente che sono parecchi i sali disciolti e quindi
potrebbe lasciare patine saline e reagire). Agitare
il campione nell'acqua oppure sottoporlo allo scroscio dell'acqua
corrente potrebbe velocizzare il processo, come del resto l'utilizzo di un pennello bagnato. La pistola a getto d'acqua
risulta decisiva nei casi più complicati e in presenza di una
notevole mole di lavoro.
Asciugatura:
operazione spesso
trascurata è in realtà consigliabile per eliminare la possibilità
di far depositare sul campione tracce di sali o addirittura per
impedire la rimanenza di acqua nei pori o vacuoli del campione con
il rischio di facilitare la formazione di muffe e imputridimento di
eventuale sostanza organica ancora presente negli interstizi
nascosti del campione. Si sconsiglia l'asciugatura sotto la diretta
azione dei raggi solari che possono provocare possibile scolorimento
e sottopongono il campione a shock termici (si ricorda che
l'ambiente naturale di formazione e di "vita" dei
cristalli in fondo sono per milioni di anni in generale state oscure
"caverne" geologicamente coibentate). Si consiglia
invece di porre i campioni in ambienti ben areati e di porli su
supporti quali reticelle e affini che permettano il defluire
dell'acqua.
Rimozione
meccanica: l'asportazione di patine
e materiali grossolani molto compatti non è possibile con spazzola
e acqua. Spesso i migliori cristalli sono inglobati in altri
materiali quali quarzo o matrici complesse. L'impiego di un punteruolo
e di molta pazienza sono purtroppo a volte gli unici mezzi
idonei. Per gli interstizi usare un ago. Per velocizzare è
consigliabile utilizzare attrezzi a motore quali trapani da
dentista e frese. Spazzole con setole metalliche e abrasivi
possono infine risultare decisivi.
Pulizia con ultrasuoni:
di costo purtroppo
elevato la vaschetta ad ultrasuoni è comunemente utilizzata in
oreficeria e nell'industria per eliminare le patine e i grassi. Si
utilizza acqua distillata. E' un metodo specifico per campioni di
una certa durezza. Leggere qualche trattazione più specifica prima
di intraprendere le prime esperienze e fare alcuni saggi di
prova se inesperti.
L'acidatura:
utilizzo di acidi,
reagenti chimici e sali è spesso l'operazione finale e consente di
eliminare patine e minerali che gli altri procedimenti non erano
stati in grado di intaccare. E' bene tenere presente che l'uso di
acidi è un processo pericoloso che sottopone a rischi anche gravi
se non si porgono tutte le attenzioni possibili. Si sconsiglia
quindi l'uso di reagenti a persone inesperte le quali dovranno
sempre richiedere la presenza di appassionati già abituati a queste
lavorazioni.
Gli acidi forti possono provocare ustioni e bruciori, scoppi e serie
conseguenze. Si consiglia pertanto di utilizzare solo acidi deboli o
acidi forti molto diluiti.
L'acido muriatico, usato anche per usi domestici per
dissolvere croste di calcare, è utilissimo per eliminare alcuni
carbonati indesiderati. Spesso i cristalli di interesse sono
inglobati in calcite (CaCO3) e l'immersione del pezzo in una
bacinella in cui è stato diluito dell'acido muriatico in acqua
(inserire l'acido nell'acqua e mai viceversa per evitare schizzi)
genera una reazione chimica con produzione e fuoriuscita di anidrite
carbonica sotto forma di bollicine. La calcite si discioglie fino a
consumare tutto l'acido presente. Ripetere l'operazione più volte
se necessario senza fretta ne concentrazioni di acido troppo forti.
Sciacquare il pezzo finito in acqua per eliminare le tracce della
soluzione.
L'idrosolfito di sodio è utilissimo per rimuovere patine
ferrose (ruggini) e affini. Si immerga il campione per 48 ore in una
soluzione di acqua e una piccola percentuale di idrosolfito.
Rimuovere infine le patine indebolite con una spazzola o altre
azioni meccaniche. Ripetere l'operazione anche più volte.
Una azione simile alla precedente è la svolge l'acido ossalico,
che però deve essere utilizzato con acqua distillata per poter
reagire senza essere neutralizzato dai sali sciolti nell'acqua
comune.
Saponi e detersivi spesso sono inutili se non
controproducenti sui campioni in quanto possono alterare i campioni
in maniera indesiderata e lasciare tracce di grassi sui pezzi.
Tuttavia sciolti in piccole dosi in acqua possono talvolta
aiutare.
Considerando che la maggior parte dei minerali sono attaccati da
vari agenti chimici, la scelta dell'acido deve essere ponderata e
calibrata.
Si consiglia di consultare testi più specifici sull'argomento per
raccogliere informazioni su quali sostante reagiscono con le specie
mineralogiche.
Quasi tutti i campioni possono essere liberati da
minerali indesiderati con la giusta scelta di sostanze chimiche, ma
bisogna tenere presente che l'utilizzo di acidi molto più
pericolosi non solo è vivamente sconsigliabile al profano ma
diventa del tutto inutile senza un minimo di attrezzatura
professionale per chimici.
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